AndreaAngelucci-Wunderkammer
Wunderkammer
Artisti, mostre, installazioni, allestimenti museali fotografati da
Andrea Angelucci
.
martedì 14 dicembre 2010
Giancarlo Ossola -Pittura di "contaminazioni"
Giancarlo Ossola a Spazio Tadini di Milano.
Pittura di "contaminazioni".
L'immagine codificata più canonica che si abbina al lavoro
di Ossola è quella di una pittura dell'abbandono, della
desolazione, dei luoghi in cui è cessata l'attività umana e
che hanno sofferto di una marginalizzazione da parte del
consesso sociale. Sovente si è dato di questi soggetti una
lettura nell'ottica del disagio della vita moderna, o della
caduta della civiltà delle macchine, o della solitudine
dell'uomo moderno. Non è una lettura errata, ma può essere
arricchita se si guarda lo sviluppo del suo percorso artistico
tenendo sullo sfondo le affermazioni dell'artista stesso
sulla
sua pittura. (...)
Ci si renderà conto che, accanto a un Ossola che dipinge
gli interni, che si è interessato all'archeologia industriale,
esiste una importante fase del suo lavoro, fra la metà degli
anni Cinquanta e l'inizio degli anni Settanta, in cui si
annida una vitalità brulicante e sotterranea che contamina
le cose inanimate, le connota tramite un colore denso e
pastoso di una fisiologia organica e ne fa oggetti con una
nuova consistenza.
Già allora, in tele e grafiche che denunciano reminiscenze
delle istanze "barocche" dello spazialismo, era attirato dal
dettaglio minimo, marginale, di cui coglieva, con segno
rapido e gestuale, l'aspetto instabile e metamorfico.
Era l'artista stesso a scrivere, nel 1968, che
" gli oggetti
si dilatano e si contraggono continuamente"
, a cui si
può accostare una acuta osservazione di Fabrizio
Dentice dello stesso anno:
" In Ossola c'è una qualità
di scienziato seicentesco. Si porta dentro il ricordo
degli alberi, si porta a casa il fungo raccolto ai
margini
del fosso, lo posa a disseccare sotto gli
occhi su un foglio
bianco. Le immagini, i
ricordi precisi e penetranti, si
sommano e si separano,
ricreano l'oggetto ideale che
viene confrontato e
misurato con la realtà e le situazioni".
Non ci si è mai interrogati abbastanza su quanto conti, per
Ossola come per molti pittori della sua generazione, lo
stimolo della pittura del Seicento : è la tradizione di
Cerano e Crespi, ma soprattutto di Magnasco, a fare da
retroterra culturale, su cui andavano a innestarsi le novità
dirompenti e sconvolgenti portate da Bacon e Sutherland.
Tutto questo poi , andava a conciliarsi con la pratica
dell'Informale.
Negli scritti di Ossola infatti, rimane costante l'attenzione
verso le "contaminazioni dell'informale", cioè per quelle
espressioni figurative, come la sua, in cui agiva come
modo di esprimersi quella gestualità libera e ribelle,
seppur ricondotta a un soggetto rappresentativo.
E' con queste premesse che si arriva agli interni ( per lo
più
interni abbandonati) e alle industrie, luoghi marginali
prediletti in quanto spazi che si sottraggono al controllo
umano ma gremiti di presenze in mutamento:
" L' identità segno-materia"
scriveva l'artista nel 1986
" è il flusso vivo che popola le fredde geometrie, le
dissemina di rapidi coaguli organici leniti dalla luce".
In questo modo poteva esprimersi più compiutamente
uno dei tratti che l'artista, ironicamente, identificava
come peculiari del nostro tempo: la
"stratificazione
epica dei rifiuti".
Testo di Luca Pietro Nicoletti
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